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ISDS: come fare profitti con la pandemia

Un nuovo approfondimento della Campagna Stop TTIP Italia racconta di come studi legali specializzati ed esperti di commercio internazionale stiano consigliando alle imprese multinazionali di fare causa agli Stati che riducono i loro spazi di azione in tempi di pandemia.

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Corporation VS clima: il nuovo rapporto

In occasione del World Economic Forum, Fairwatch, Terra! e Cospe, nell’ambito della Campagna StopTTIP/CETA e dell’iniziativa europea Stop ISDS, lanciano un nuovo rapporto

Così le compagnie fossili denunciano gli Stati per bloccare la transizione ecologica

I dati raccolti dalle tre organizzazioni tracciano un quadro allarmante: cresce il numero delle imprese inquinanti che fanno causa ai governi contro le norme sul clima e l’ambiente. Teatro di queste controversie sono le corti arbitrali, dove regnano l’opacità e il conflitto di interessi. Nel 2020 le cause in tutto il mondo supereranno quota 1000.

In occasione del World Economic Forum di Davos, Fairwatch, Terra! e Cospe lanciano “Processo al futuro”, un nuovo rapporto di denuncia che rivela la strategia delle compagnie fossili per bloccare o rallentare la transizione ecologica. Sempre più spesso, infatti, le grandi imprese attaccano la legislazione ambientale tramite l’arbitrato internazionale, un sistema di corti sovranazionali non trasparenti a disposizione del settore privato. Grazie a questo vero e proprio sistema giudiziario parallelo, le aziende possono chiedere compensazioni miliardarie agli Stati che promuovono leggi lesive dei loro profitti, anche se queste politiche vanno in direzione dell’interesse pubblico o della lotta al cambiamento climatico. In un processo senza giuria né pubblico, davanti a tre avvocati commerciali, i governi devono difendere moratorie sulle trivellazioni, piani di uscita dal carbone o dall’energia nucleare. E spesso perdono la causa o sono spinti a patteggiare per evitare risarcimenti troppo onerosi. Ma spesso il patteggiamento comporta il ritiro delle proposte di legge o l’indebolimento dei piani climatici, con grave danno per i cittadini e l’ambiente.

“L’esistenza di questi tribunali semi-segreti è possibile grazie a migliaia di accordi sul commercio e gli investimenti che gli Stati hanno firmato in questi anni – spiega Monica Di Sisto, vice presidente di Fairwatch e portavoce della Campagna Stop TTIP/CETA – Con questa nuova indagine vogliamo dimostrare che l’agenda commerciale italiana ed Europea oggi è incompatibile con il Green New Deal proposto nelle scorse settimane. Bisogna invertire le priorità fra business e i diritti umani, e i signori di Davos devono essere fermati”.

La clausola di protezione degli investitori (ISDS – Investor-to-State Dispute Settlement) è infatti un punto cardine della maggior parte dei 3 mila trattati commerciali in vigore fra due o più Paesi. Gli ultimi dati disponibili – anche se molte cause rimangono secretate – raccontano che le imprese l’hanno utilizzata 983 volte per trascinare alla sbarra governi “colpevoli” di proporre politiche sgradite. Un numero che nel 2020, stando ai trend attuali, supererà quasi certamente quota 1000. Ad oggi, sono 322 le cause ancora in attesa di sentenza. Delle 677 passate in giudicato, ben 430 hanno visto un successo totale o parziale delle aziende (191 risolte in favore dell’investitore, 139 chiuse con un patteggiamento), 230 hanno visto scagionare lo Stato, 73 sono state sospese e 14 chiuse senza l’attribuzione di un risarcimento. Nella gran parte dei casi, il Paese denunciato (l’ISDS è un sistema a senso unico, in base al quale uno Stato può solo comparire come imputato, mai nelle vesti dell’accusa) ha pagato almeno le spese legali, che mediamente ammontano a 8 milioni di euro ma possono lievitare fino a 30.

Organizzazioni della società civile e movimenti in tutto il mondo si oppongono all’ISDS perché, soprattutto negli ultimi venticinque anni, ha determinato un numero crescente di cause pretestuose, con imprese che hanno preso di mira leggi sulla tutela del lavoro, dei servizi pubblici e dell’ambiente.

“È proprio la legislazione ambientale a trovarsi oggi sotto attacco diretto delle multinazionali del fossile – aggiunge Francesco Panié, ricercatore dell’associazione Terra! tra gli autori del rapporto – Mentre l’Italia e l’Unione Europea si trovano a dover fronteggiare gli effetti del cambiamento climatico, i giganti dell’inquinamento remano contro, usando i tribunali arbitrali come clava per bloccare o rallentare l’azione per il clima”.

In particolare, il Trattato sulla Carta dell’Energia è il più invocato dagli investitori per avviare contenziosi contro i governi: ben 128 cause arbitrali sono state mosse impugnando questo accordo. Il rapporto “Processo al futuro” elenca una serie di casi emblematici in cui diversi Paesi tra cui Italia, Francia, Olanda e Svezia sono stati bersaglio di richieste di risarcimento avanzate da compagnie energetiche dei settori di carbone, gas e petrolio. In particolare, l’Italia potrebbe trovarsi nel 2020 a dover pagare fino a 350 milioni di dollari alla Rokchopper, compagnia petrolifera britannica che nel 2017 ha fatto ricorso in arbitrato contro l’introduzione del divieto di trivellazioni entro le 12 miglia marine.

“Di fronte a questo scandalo l’Unione europea non sta facendo abbastanza – dichiara Alberto Zoratti, ricercatore del Cospe tra gli autori del rapporto – Invece di eliminare l’ISDS dai trattati sugli investimenti, sta negoziando a Vienna in questi giorni una proposta per trasformarlo in una Corte internazionale permanente che diventerebbe a tutti gli effetti un tribunale mondiale per le grandi imprese. Questo non è accettabile”.

Questo processo, che si svolge nell’ambito della Commissione ONU per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL), va in direzione opposta a quanto chiedono centinaia di esperti, organizzazioni e giuristi.

“Bisogna mettere fine al sistema dell’ISDS ed eliminarlo dagli accordi commerciali già conclusi – dichiara Nicoletta Dentico, di Society for International Development e tra gli autori del rapporto – Nel frattempo, l’Unione Europea deve lavorare per concludere un ambizioso trattato vincolante dell’ONU su imprese e diritti umani, che obblighi il settore privato a rispondere delle violazioni perpetrate lungo la filiera e aiuti le comunità colpite da attività impattanti ad ottenere giustizia. Finora Bruxelles ha usato due pesi e due misure, supportando strumenti come l’ISDS, che rafforzano il potere delle corporation, e contrastando l’accordo a difesa dei diritti e dell’ambiente. Senza un’inversione di priorità, la crisi ecologica e sociale non potrà che farsi più acuta”.

Caro Governo del “Cambia-in-peggio”, ti riscriviamo…

Lettera aperta promossa dal Coordinamento nazionale No TRIV e dal Campagna Stop TTIP/CETA Italia

Onorevole Presidente e Vicepresidenti,

Siamo gli autori della lettera del 23 maggio scorso, a Voi indirizzata a due mesi esatti dalla manifestazione che vide marciare oltre 100 mila persone per le strade di Roma per affermare il diritto delle donne e degli uomini di questo Paese ad una stagione di cambiamenti radicali nelle politiche economiche, sociali, climatiche ed ambientali, considerata la crisi che assedia l’Italia da troppi anni e sotto tutti questi aspetti.
In un crescendo di scelte sbagliate, avete fatto ingiustificabili passi indietro rispetto alle promesse elettorali: una finta moratoria sulle trivellazioni in mare, l’approvazione di tutti gli accordi di libero scambio su cui siete stati chiamati a dare il primo via libera in Consiglio Europeo (compresi i dannosi accordi con il Vietnam e i Paesi del Mercosur) fino all’assenso a grandi opere controverse come il TAP e l’accelerazione su tutti i progetti riguardanti gas e petrolio.
L’inversione a U rispetto agli impegni presi si è completata con il sì all’alta velocità Torino-Lione: un’opera che dovrebbe essere sospesa alla luce delle esigenze urgenti di riduzione delle emissioni climalteranti e del calo netto dei flussi commerciali sulla tratta.
Le politiche economiche nel complesso rimangono poco incisive e ambiziose: privilegiano alleanze con grandi gruppi un tempo criticati, tagliano spesa e investimenti pubblici proprio come rimproverato ai miopi governi precedenti, si inginocchiano ai vincoli UE e coprono con misure-tampone per i più poveri le cospicue regalie alle imprese e una nuova stagione di privatizzazioni, culminante nel mancato rispetto degli esiti del referendum sull’acqua pubblica del 2011.
A questo si aggiunge una politica interna ed estera improntata alla criminalizzazione della solidarietà e allo smantellamento di ogni esperienza di accoglienza e integrazione efficaci, in assenza di una decisa azione nelle sedi europee per politiche migratorie rispettose dei diritti umani e più adeguate ai tempi.
Da paladini del cambiamento e della Costituzione vi rivelate sintomi di quando grave e pervasiva sia la crisi morale e politica delle istituzioni repubblicane, proprio quando la crisi sociale, morale, ambientale e climatica del Paese richiedeebbe capacità di tutt’altra statura.
Noi restiamo unite e uniti nel ribadire la necessità di una svolta radicale e di una riconversione ampia e profonda del sistema economico e sociale del nostro Paese, che intendiamo realizzare con tutta la forza di cui siamo capaci.

Chiediamo un audit nazionale pubblico e partecipato per le politiche strategiche del nostro Paese, a partire da quelle industriali e ambientali, in cui discutere a partire dai territori e dai loro abitanti, dai movimenti, dalle organizzazioni delle lavoratrici e dei lavoratori, dei consumatori e della società civile, le vostre scelte incomprensibili e contraddittorie.
Chiediamo un audit nazionale del debito pubblico, per chiarire nel merito i rilievi sollevati a livello europeo e nazionale, e consentire al nostro Paese la stessa agibilità accordata, ad esempio, a Francia e Germania e scegliere più consapevolmente le priorità di spesa pubblica a partire dal prossimo Def.
Chiediamo una  valutazione d’impatto integrata nazionale, con una metodologia chiara e atti accessibili, degli accordi internazionali commerciali che l’Italia ha sottoscritto e intende sottoscrivere, e una azione politica chiara di inversione delle priorità attuali con gli strumenti della bocciatura delle ratifiche e del veto in sede europea.
Chiediamo il rispetto dell’Accordo di Parigi contro i cambiamenti climatici, il rispetto degli impegni per la riduzione delle emissioni, per la riduzione dell’uso dei pesticidi e del Piano d’azione nazionale su impresa e diritti umani, verso una scelta chiara in favore della produzione clima-compatibile e circolare, le energie rinnovabili, la mobilità sostenibile, l’agroecologia.

Continueremo a fronteggiare con la serietà delle nostre analisi e la concretezza delle nostre proposte l’approssimazione e il malgoverno delle istituzioni italiane ed europee, con o senza di Voi.

Italia condannata dal tribunale delle multinazionali

Il tribunale delle multinazionali condanna l'Italia a pagare 10 milioni di euro in una causa #ISDS

L’Italia perde ancora in un arbitrato internazionale. La recente sentenza emessa da tre avvocati commerciali è l’amaro epilogo di una causa intentata dalla società olandese CEF Energia BV al nostro paese presso la Camera di commercio di Stoccolma.

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CETA: la Corte UE promuove il tribunale delle multinazionali

Secondo la Corte europea di giustizia il meccanismo ISDS/ICS è compatibile con le regole dell’Europa. Per noi rimane inaccettabile. La Campagna Stop TTIP/CETA chiede al Parlamento italiano di rispettare gli impegni: “Bocciate il CETA al più presto per riaprire in Europa un dibattito sul commercio senza regole”.

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Trivelle e arbitrati, l’Italia non paga più se la causa coinvolge paesi UE

In questi giorni vediamo le compagnie dell’oil&gas minacciare arbitrati internazionali contro l’Italia per l’emendamento al Dl Semplificazioni che sospenderebbe per 18 mesi le ricerche. Il caso Rockhopper, tramite cui l’impresa britannica chiede 350 milioni di dollari di risarcimento in opache sedi arbitrali al nostro paese per averle vietato di trivellare entro le 12 miglia dalle coste abruzzesi, viene citato come simbolo da emulare. La Rockhopper stessa si mostra baldanzosa e fiduciosa di recuperare l’investimento che lo stato – anche se per ragioni ambientali – le ha fatto perdere.
Ma dal 15 gennaio scorso sono cambiate le cose, e nessun investitore con sede nell’Unione europea può più fare causa a un altro stato membro utilizzando la clausola arbitrale contenuta nei trattati commerciali e sugli investimenti.
Cosa è successo in quella data? Lo racconta un documento siglato da 15 stati europei, tra cui l’Italia con il suo ambasciatore Maurizio Massari. I firmatari richiamano la sentenza della Corte di Giustizia dell’UE sul caso Achmea (6 marzo 2018), secondo cui l’arbitrato internazionale tra stati membri dell’UE è incompatibile con il diritto dell’Unione. Prendendo le mosse da quella sentenza, dichiarano che “tutti gli accordi internazionali conclusi dall’Unione, compreso il Trattato sulla Carta dell’energia, sono parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’UE e devono pertanto essere compatibili con il Trattati”. In questo quadro, la clausola contenuta in tutti gli accordi bilaterali intraeuropei e nella Carta dell’energia viene definita “incompatibile con i Trattati e quindi dovrebbe essere disapplicata”.
Una simile presa di posizione metterà fine a circa 200 accordi commerciali tra paesi membri dell’UE ed eviterà le compensazioni agli investitori di quei paesi decise in sede di arbitrato internazionale.

“Con la presente dichiarazione – recita il testo del documento – gli Stati membri informano i tribunali di arbitrato sulle conseguenze giuridiche del caso Achmea, come esposto nella presente dichiarazione, in tutti i procedimenti di arbitrato intra-UE in corso presentati ai sensi di accordi bilaterali sugli investimenti tra Stati membri o nell’ambito della Carta dell’energia”. 
E proseguono invitando ai tribunali arbitrali a “mettere da parte questi premi o non farli rispettare data la mancanza di una valida motivazione”. In parole povere, l’Italia annuncia che non pagherà un centesimo alla Rockhopper, né a tutti gli altri investitori con sede negli stati membri che le hanno intentato cause arbitrali.

“Resta la contraddizione di tutti gli altri trattati commerciali, come il CETA o l’accordo UE-Singapore, in votazione al Parlamento europeo il prossimo 12 febbraio – spiega Monica Di Sisto, portavoce della Campagna Stop TTIP/CETA – Per noi la compatibilità con il diritto dell’Unione è un fatto importante, ma siamo contrari a questi oscuri tribunali privati per molte altre ragioni. Per questo chiediamo con una petizione europea che il Parlamento bocci subito il CETA e che le clausole arbitrali vengano cancellate da tutti i trattati sul commercio e gli investimenti”.

Non è la prima volta che le multinazionali dell’oil&gas minacciano gli stati sventolando l’arma dell’arbitrato internazionale. Tra i diversi casi ricordiamo quello del Canada, con la moratoria sul fracking del 2011 contestata dalla statunitense Lone Pine Resources, che ha chiesto circa 120 milioni di dollari in compensazioni allo Stato ospitante per aver voluto proteggere le acque del fiume San Lorenzo da una potenziale contaminazione. Anche quella volta l’impresa ha utilizzato una clausola ISDS (Investor to State Dispute Settlement) contenuta nel NAFTA, il trattato sul commercio e gli investimenti tra USA, Canada e Messico. Queste clausole oscure consentono alle corporation di trascinare un governo sul banco degli imputati di un tribunale privato sovranazionale esposto a forti conflitti di interessi, chiedendo risarcimenti virtualmente illimitati per gli eventuali effetti negativi delle politiche pubbliche sui loro profitti. I tribunali ISDS sono presieduti da tre avvocati commerciali, che nei loro giudizi si basano solo sul diritto commerciale, tralasciando altre fonti del diritto internazionale, qualunque riferimento ai diritti umani, del lavoro o dell’ambiente. Dunque non è raro che da questi arbitrati lo stato esca con le ossa rotte e le tasche vuote. Come dimostra il rapporto “Diritti per le persone, regole per le multinazionali“, in tutto il mondo i governi hanno già dovuto sborsare 84 miliardi di dollari alle imprese in sede arbitrale. Il sistema è talmente lucroso che molti fondi finanziari hanno iniziato a pagare le spese legali delle aziende in cambio di una quota del premio finale. Nel 2020 gli analisti stimano un giro di “scommesse” da parte di soggetti finanziari sugli arbitrati da 2 miliardi di dollari.

Ma qualcosa si muove. In Europa centinaia di organizzazioni della società civile stanno promuovendo una petizione per mettere fine ai privilegi delle multinazionali e per l’istituzione di un trattato delle Nazioni Unite che vincoli le corporation al rispetto dei diritti umani e dell’ambiente. In pochissimi giorni sono state superate le 300 mila firme. L’ISDS deve essere cancellato in tutti i trattati commerciali e sugli investimenti, e i piani dell’UE di estenderlo e consolidarlo creando una corte permanente di arbitrato internazionale devono essere stracciati.

“Viste le conclusioni della Corte di Giustizia e la presa di posizione dei 15 paesi membri contro gli arbitrati – dichiara Enzo Di Salvatore, professore di diritto costituzionale ed estensore dei quesiti del referendum contro le trivellazioni in mare – l’Avvocatura dello stato ora faccia quello che tutti si aspettano da lei, e chieda la chiusura della assurda causa intentata dalla Rockhopper”.

Francesco Masi, portavoce del Coordinamento nazionale No Triv conclude: “Lo stop agli arbitrati è un punto dirimente della battaglia per i beni comuni e contro l’ingerenza delle imprese private, che porteremo in piazza il prossimo 23 marzo a Roma nella manifestazione per il clima e contro le grandi opere imposte e a forte impatto”.

Le multinazionali chiedono 35 miliardi agli Stati grazie alla Carta dell’Energia

ROMA, 13 giugno 2018 – L’associazione Fairwatch, nell’ambito della Campagna Stop TTIP/Stop CETA, lancia oggi in Italia il rapporto “Un trattato solo per governare tutto. L’espansione del trattato Carta dell’Energia rafforza le multinazionali nell’ostacolare la transizione verso un’energia pulita”, (curato da Corporate Europe Observatory e Transnational Institute), che rivela le gravi disfunzioni del Trattato sulla Carta dell’Energia (Energy Charter Treaty – ECT). Un accordo sottoscritto nel 1994 da 52 paesi e in vigore dal 1998, nato per favorire gli investimenti energetici e la transizione alle rinnovabili, ma utilizzato dalle imprese per fare causa agli stati che minacciano i loro profitti. Il trattato, infatti, prevede un sistema di risoluzione delle controversie tra investitore e stato (ISDS) che consente ai privati di chiedere compensazioni virtualmente illimitate contro politiche pubbliche sgradite, utilizzando corti sovranazionali presiedute da un’élite di arbitri commerciali, che intavolano udienze a porte chiuse i cui atti non sono trasparenti. Leggi il resto di questa voce

ISDS: 5 governi Ue premono in segreto per inserirlo in Europa

isds intraeuropeo

 

ISDS: gli europei non lo vogliono, ma cinque Governi EU premono in segreto per avere tribunali per le imprese contro i cittadini.

Stop TTIP Italia: “Domani 20 maggio Tweetstorm: al Governo chiediamo #NOISDS #StopTTIP #StopCETA #matteorispondi!

ROMA, 19 MAGGIO 2016 – Nonostante milioni di cittadini europei abbiano espresso la loro contrarietà all’ISDS tradizionale nel TTIP, così come alla proposta europea di riformarlo in una ICS (Investment Court System), cinque governi europei stanno spingendo questo meccanismo all’interno dell’Europa stessa ad insaputa dei cittadini europei. In un documento secretato, visto dalla Campagna Stop TTIP Italia e datato 7 aprile 2016, i rappresentanti di Austria, Francia, Finlandia, Germania e Paesi Bassi hanno proposto al Comitato per la politica commerciale del Consiglio dell’Unione europea di creare un grande accordo multilaterale tra Stati membri che contenga la pericolosa clausola di protezione degli investimenti.

Il meccanismo estenderebbe a tutte le imprese degli Stati membri la possibilità utilizzare corti di arbitrato internazionale viziate da macroscopici conflitti di interessi, per fare causa ai Governi che minacciano i loro profitti tramite nuove legislazioni.

Per questo la Campagna STOP TTIP Italia lancia per il 20 maggio alle ore 12 un tweet storm:

Clicca sui link sottostanti e invia il tuo tweet

Tweet mod. 1:
#NOISDS #StopTTIP #StopCETA  @matteorenzi informate i cittadini http://bit.ly/1rVXsVS #matteorispondi
https://twitter.com/intent/tweet?status=%23StopTTIP+%23NOISDS+%23StopCETA+@matteorenzi+informate+i+cittadini+http://bit.ly/1rVXsVS+%23matteorispondi

Tweet mod. 2:
I cittadini europei chiedono #StopTTIP #NOISDS #StopCETA  @StopTTIP_Italia @matteorenzi http://bit.ly/1rVXsVS #matteorispondi
https://twitter.com/intent/tweet?status=I+cittadini+europei+chiedono+%23StopTTIP+%23NOISDS+%23StopCETA+@StopTTIP_Italia+@matteorenzi+http://bit.ly/1rVXsVS+%23matteorispondi

Tweet mod.3:
Più di 4M di firme #StopTTIP raccolte vogliamo #NOISDS #StopCETA  @StopTTIP_Italia @matteorenzi http://bit.ly/1rVXsVS #matteorispondi
https://twitter.com/intent/tweet?status=Più+di+4M+di+firme+%23StopTTIP+%23NOISDS+%23StopCETA+@StopTTIP_Italia+@matteorenzi+http://bit.ly/1rVXsVS+%23matteorispondi

 

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Incontro Stop TTIP Italia – Boldrini: le richieste e gli impegni

Incontro Stop TTIP Italia - Boldrini le richieste e gli impegni

La Campagna Stop TTIP Italia incontra la presidente della Camera Laura Boldrini. Avanzate sei richieste formali per aumentare la trasparenza e avviare un dibattito pubblico e a livello parlamentare. La presidente ha già chiesto misure per l’accesso dei membri del parlamento ai testi negoziali

(COMUNICATO STAMPA) Ieri un’ampia delegazione della Campagna Stop TTIP Italia ha incontrato la presidente della Camera, Laura Boldrini, per comunicarle le preoccupazioni della società civile in merito al TTIP, il Partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti in via di negoziazione tra Stati Uniti e Unione europea.

L’incontro istituzionale ha rappresentato un importante occasione per segnalare le numerose problematiche che attorniano i negoziati. La delegazione ha consegnato alla presidente Boldrini un dossier che riassume i potenziali impatti dell’accordo USA-Ue: dal rischio di abbassamento degli standard di qualità del cibo, dell’ambiente e della capacità regolatoria degli Stati membri – fortemente intaccata dal sistema di risoluzione delle controversie ISDS/ICS – fino alle ricadute disastrose per le piccole e medie imprese, l’agricoltura di qualità e i servizi pubblici.

Sono state avanzate, infine, sei richieste formali:

  1. Che il Parlamento stimoli un dibattito parlamentare e pubblico all’altezza
  2. Che ospiti un dibattito tra parlamentari e società civile italiana
  3. Che reclami l’apertura della sala di lettura con un livello di trasparenza maggiore rispetto a quello stabilito in Germania
  4. Che chieda al governo la riattribuzione delle competenze in materia di TTIP, finora detenute dall’ex vice ministro allo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, e che convochi subito presso il Ministero il tavolo formale di confronto con la società civile sui negoziati commerciali, mettendo il TTIP all’ordine del giorno
  5. A questo tavolo deve partecipare una delegazione parlamentare rappresentativa, e gli esiti della discussione dovranno essere comunicati e discussi in Parlamento
  6. Vista la minaccia di un pronunciamento della Corte Europea che potrebbe escludere i Parlamenti nazionali dalla ratifica del TTIP, il Parlamento dovrebbe pretendere di conservare l’esercizio delle sue prerogative per quanto concerne materie di tale portata

La presidente ha già richiesto con una lettera al Ministro Boschi l’apertura di una sala di lettura alla Farnesina e ha convenuto con la Campagna sull’importanza dell’attivazione di un dibattito parlamentare, che sta ai gruppi stimolare e richiedere. Inoltre, vi sono state aperture anche sul fronte di un incontro istituzionale con il governo.

Senza un impegno in queste direzioni da parte delle istituzioni del nostro Paese, l’Italia non potrà che giocare un ruolo di spettatore passivo nei confronti di uno dei processi più trasformativi e pericolosi che abbia mai subìto.

 

Campagna Stop TTIP Italia

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Per interviste

Monica Di Sisto 335-842.67.52

Elena Mazzoni 328-131.25.95

Marco Bersani 329-474.06.20

 

Un breve filmato dell’incontro: https://www.youtube.com/watch?v=mgAGfpaFAN0

Stop TTIP Italia incontra la presidente della Camera

stop ttip italia presidente camera

(COMUNICATO STAMPA) – Domani, 18 febbraio 2016, alle ore 15 presso la Camera dei Deputati, una delegazione della Campagna Stop TTIP Italia incontrerà la presidente della Camera, Laura Boldrini, per comunicarle le preoccupazioni relative al TTIP, il Partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti in via di negoziazione tra Stati Uniti e Unione europea.

Al colloquio parteciperanno Giacomo Barbieri (Cgil), Francesca Battistelli (Legambiente), Marco Bersani (Attac), Monica Di Sisto (Fairwatch), Fausto Durante (Cgil), Claudio Giambelli (Forum movimenti per l’acqua), Elena Mazzoni (Campagna stop TTIP), Alessandro Mostaccio (Movimento Consumatori), Rosa Rinaldi (Transform Italia) Pietro Ruffolo (Flai Cgil), Francesca Rocchi (Slow Food), Silvia Stilli (Arcs), Francesco Verdolino (Arci), Enzo Vitalesta (Yaku) e Duccio Zola (Sbilanciamoci).

L’incontro istituzionale rappresenta un importante occasione per segnalare le numerose problematiche che attorniano i negoziati per il TTIP, a partire dalla scarsa trasparenza garantita dalla Commissione europea. Dopo la pressione della società civile, USA e Ue hanno dovuto concedere qualcosa su questo fronte: si sarebbe dovuta aprire una sala di lettura in ogni capitale europea, nella quale i deputati nazionali avrebbero potuto consultare i testi negoziali. A Berlino esiste dal 1 febbraio, ma l’accesso ai documenti è possibile solo sotto la supervisione del Ministero federale dell’Economia, vige il divieto di utilizzare fotocamere o cellulari e anche le modalità per prendere appunti sono limitate.

In Italia non abbiamo nemmeno questa simulazione di trasparenza, poiché nessuna sala di lettura è stata predisposta a Roma. Questo significa che i nostri rappresentanti in Parlamento non hanno accesso ai testi consolidati del TTIP, l’accordo che più di ogni altro prima d’ora potrebbe trasformare tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana.

Eppure vi sarebbe assoluta necessità di ampliare la platea dei soggetti accreditati a prendere visione dei documenti negoziali. Le informazioni trapelate al pubblico, infatti, hanno alimentato forti preoccupazioni in merito ad un abbassamento degli standard di qualità del cibo, dell’ambiente e della capacità regolatoria degli Stati membri. Gli studi di impatto condotti da expertise indipendente hanno messo a fuoco uno scenario carico di ricadute negative per le piccole e medie imprese, l’agricoltura di qualità e i servizi pubblici.

Non rassicura affatto nemmeno la proposta di riforma del sistema di arbitrato (ISDS) redatta dalla Commissione europea nel 2015. La Corte di investimenti che ne prenderebbe il posto (ICS) presenta molti dei difetti che caratterizzano le corti arbitrali cui tipicamente possono ricorrere gli investitori esteri ai sensi degli accordi bilaterali. Questa opinione è condivisa anche dalla Deutsche Richterbund (DRB), la principale associazione dei magistrati tedeschi, che ha comunicato il suo parere critico al governo i primi di febbraio.

Per questi motivi la Campagna Stop TTIP Italia avanzerà le seguenti richieste alla presidente della Camera:

  • Che il Parlamento stimoli un dibattito parlamentare e pubblico all’altezza
  • Che ospiti un dibattito tra parlamentari e società civile italiana
  • Che reclami l’apertura della sala di lettura con un livello di trasparenza maggiore rispetto a quello cui devono sottostare i parlamentari tedeschi
  • Che chieda al governo la riattribuzione delle competenze in materia di TTIP, finora detenute dall’ex vice ministro allo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, e che convochi subito presso il Ministero il tavolo formale di confronto con la società civile sui negoziati commerciali, mettendo il TTIP all’ordine del giorno.
  • A questo tavolo deve partecipare una delegazione parlamentare rappresentativa, e gli esiti della discussione dovranno essere comunicati e discussi in Parlamento

 

Campagna Stop TTIP Italia

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Per interviste

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Marco Bersani 329-474.06.20

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