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La zootecnia italiana usa soia OGM argentina da deforestazione
Il trattato UE-Mercosur sospenderebbe le tariffe in vigore oggi sull’export di soia argentina, incoraggiando un aumento degli scambi e potenzialmente aggravando la deforestazione nella seconda foresta più importante dell’America Latina: il Gran Chaco

L’Italia e l’Argentina hanno legami fraterni, che uniscono la loro storia e la loro gente attraverso le generazioni. Ma, senza rendersene conto o volerlo, i consumatori italiani stanno contribuendo alla distruzione dell’ecosistema più ricco di biodiversità dell’Argentina. E’ la foresta del Gran Chaco Americano. Questo perché l’industria lattiero-casearia e della carne italiana acquistano, senza chiedersi da dove provenga, un alimento che arriva da aree completamente devastate per produrre un seme oleoso che, per il suo alto valore proteico, viene utilizzato per l’alimentazione delle vacche da latte, così come per ingrassare polli e pollame, maiali, mucche, fino all’ultima ora della macellazione. La soia transgenica.
La denuncia viene da un report pubblicato oggi da Periodistas por el planeta, Madre Brava, Somos Monte e Fairwatch con il titolo “Soia – La via dell’ecocidio“. Questo lavoro, lanciato rilanciato dal Fatto Quotidiano, permette di affermare che esiste una totale irresponsabilità dei grandi industriali dell’agribusiness e dei grandi produttori di carne e mangimi, che importano e utilizzano la soia senza preoccuparsi di provenienze e impatti, rende i consumatori europei complici (a loro insaputa) della distruzione delle foreste nel mondo. L’Unione Europea è il terzo importatore mondiale di prodotti agricoli che causano la deforestazione tropicale e il cambiamento climatico, preceduta solo dai giganti asiatici, Cina e India.
Tra i prodotti agricoli legati alla deforestazione, la soia è la principale causa di deforestazione associata ai consumi europei. In effetti, la soia destinata a nutrire polli, maiali e mucche europei ha causato più deforestazione di qualsiasi altro prodotto importato nell’UE tra il 2005 e il 2017, anche più dell’olio di palma.
Non è possibile collegare un solo prodotto alla deforestazione nel Gran Chaco, poiché la farina di soia è impiegata lungo tutta la filiera alimentare italiana. Ecco perché sono necessarie leggi forti per garantire una catena di approvvigionamento priva di prodotti provenienti da zone di deforestazione. Accanto a queste leggi, che l’Unione europea sta valutando, occorre una ferma e decisa opposizione agli accordi commerciali come quello tra UE e Mercosur, che rischia di vanificare ogni sforzo per ottenere filiere internazionali più trasparenti e rispettose dei diritti umani.
Se venisse ratificato, il trattato UE-Mercosur aumenterebbe la pressione sugli ecosistemi più importanti dell’America Latina e del mondo, come l’Amazzonia e il Gran Chaco, perché faciliterebbe l’esportazione di soia e carne bovina dal blocco sudamericano composto da Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay verso l’Europa.
Nel caso dell’Argentina, il trattato prevede che saltino le tariffe applicate all’export di soia, incoraggiando i commercianti di mangimi ad aumentare il flusso di scambi con il vecchio continente a spese delle foreste come il Chaco, già oggi prese d’assalto dalle imprese dell’agribusiness.
L’Italia è particolarmente importante in questa battaglia per la giustizia ambientale. Siamo il sesto acquirente di farina di soia dall’Argentina, uno dei tre più importanti in Europa, insieme a Spagna e Regno Unito. La soia prodotta nel nord argentino, teatro della devastazione di foreste dalle caratteristiche ecologiche uniche e irripetibili, viene miscelata quella prodotta nella regione della Pampa. Il mix è destinato alla penisola italiana, quindi tutta la farina viene contaminata con la soia frutto della deforestazione.
Nel rapporto le 4 ONG raccolgono casi puntuali di deforestazione illegale e descrivono nel dettaglio l’impatto che il disboscamento sta avendo su comunità locali ed ecosistema, potendo contare su partner territoriali in grado di raccogliere prove inconfutabili. Questo rapporto è in grado di avvicinare più che mai la nostra percezione al destino delle grandi foreste sudamericane, prese d’assedio da parte di imprese senza scrupoli che sono collegate con gli allevatori italiani e i supermercati in una filiera totalmetne insostenibile e spesso anche criminale. Il Chaco americano è il secondo sistema forestale più grande del Sud America, dopo l’Amazzonia, la foresta secca più grande e importante del pianeta. La deforestazione ne ha già distrutti 14 milioni di ettari, più di tutta la superficie agricola italiana per intenderci. Nel Chaco vivono più di 3400 specie di piante, 500 specie di uccelli, 150 mammiferi e più di 200 rettili e anfibi.
Nasce la coalizione globale #StopEuMercosur

Con una dichiarazione comune pubblicata oggi, nasce la coalizione globale #StopEuMercosur, che riunisce associazioni, organizzazioni sindacali, indigene e reti di movimento in America Latina ed Europa, tra cui la campagna Stop TTIP Italia. La richiesta è chiara: i governi devono cancellare il trattato UE-Mercosur e difendere la vita e l’ambiente, avviare una cooperazione basata su criteri di solidarietà e non sulla deforestazione e il commercio di prodotti che impattano sull’Amazzonia, sul clima e sui diritti umani.
Leggi il resto di questa voceLeak! Trapela un altro pezzo dell’accordo UE-Mercosur. E non ci piace affatto

Grazie al lavoro degli attivisti, Greenpeace Germania è riuscita ad ottenere e pubblicare una versione avanzata di quella parte del trattato UE-Mercosur rimasta ancora segreta. Mentre la parte commerciale era già stata resa pubblica e fortemente criticata da associazioni e movimenti, infatti, mancava tutto il contorno, cioè l’accordo di associazione con i principi e le linee di indirizzo che dovrebbero dare la direzione alla parte economica.
Leggi il resto di questa voce#StopEuMercosur: non svendiamo il pianeta e la nostra salute
Parte in tutta Europa e nei Paesi dell’America Latina la nuova campagna sostenuta da 265 organizzazioni e sindacati, 42 solo in Italia

Con il nuovo report di Stop TTIP Italia “Pianeta Svenduto” e una lettera firmata da 265 organizzazioni europee e latinoamericane parte oggi la Campagna #StopEuMercosur, per fermare uno dei trattati più tossici mai formulati, negoziato dall’UE con i Paesi del mercato comune sudamericano (Mercosur): Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay.
Il documento è firmato, in Italia, da Stop TTIP Italia, Fairwatch, CGIL, Terra!, Greenpeace, Legambiente, ARCI, ARCS, Slow Food, Attac Italia, ISDE, Navdanya International, Fridays For Future Italia, Parents For Future, Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, LAV, A Sud, Amig@s Mst-Italia, Movimento Consumatori, COSPE, Coordinamento Nazionale No Triv, Transform! Italia, USICONS, Associazione Botteghe del Mondo, AIMeF, Movimento Umanista Popolare, Coordinamento Nord-Sud del Mondo, CiLLSA, Civica, Fondazione Capta, Sobrevivencia, Fridays For Future Pisa, Fridays For Future Roma, Comitato Acqua Pubblica Salerno, Hemp Revolution, Comitato Stop TTIP Udine, Slow Food Cremonese, Verdi Europa Verde Milano, ProDES FVG-ASP, Associazione culturale Musica in corso, Associazione Natura, Cavalli e Carrozze, Acqua Bene Comune Valle Telesina, Salviamo il Paesaggio Casalasco, Meetup Andora in Movimento, Associazione Il Chicco di Senape.
Con questa lettera, indirizzata ai Governi, al Parlamento europeo e alla Commissione europea, la società civile sui due lati dell’Atlantico si mobilita contro un accordo commerciale che rischia di alimentare la distruzione dell’Amazzonia e le violazioni dei diritti umani, soprattutto per i popoli indigeni. Il tutto per aumentare gli scambi fra l’Unione europea e i paesi del Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay) di prodotti particolarmente dannosi per il clima e l’ambiente: da un lato il trattato vuole facilitare l’industria automobilistica europea – e soprattutto tedesca – mentre dall’altro aiuterà allevatori e agricoltori brasiliani e argentini a spedire in Europa centinaia di migliaia di tonnellate di carne, soia, biocarburanti e altri prodotti agricoli, tra cui OGM e prodotti trattati con pesticidi spesso vietati. Tutte produzioni ricavate spesso dalla deforestazione dell’Amazzonia, che con l’abbattimento di regole e controlli potranno entrare nei nostri mercati a prezzi così bassi da colpire duramente il settore agricolo nazionale e continentale. Non solo: anche se ormai è incontestabile il collegamento fra allevamenti industriali e pandemie, questo accordo rafforza un settore che sta contribuendo ad una crisi ecologico-sanitaria senza precedenti.
Per accendere un faro sugli impatti ecologici, economici e sociali dell’accordo UE-Mercosur, Stop TTIP Italia pubblica oggi “Pianeta Svenduto”, un rapporto di analisi che va nel merito del trattato commerciale per dimostrarne l’insostenibilità e spingere la politica a prendere una posizione netta contro la sua approvazione. Finora, tuttavia, l’Italia si è allineata acriticamente alle posizioni favorevoli di altri paesi europei, come dimostrano le dichiarazioni della Viceministra degli Esteri, Marina Sereni e del Ministro per gli Affari europei, Enzo Amendola. Il rapporto che pubblichiamo oggi e la Campagna #StopEuMercosur contengono tutti gli elementi per mettere da parte questo ottimismo e assumere una prospettiva più critica.
Come siamo arrivati a questo punto? Dopo 20 anni, i negoziati tra l’UE e i paesi del Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay) sono culminati in un accordo politico nel giugno del 2019. Da allora la Commissione europea sta preparando il documento per la ratifica definitiva, che spetta al Parlamento europeo e ai Parlamenti nazionali. Ma questo accordo è molto controverso: i Parlamenti di Austria, Olanda e Vallonia lo hanno addirittura respinto per com’è oggi, mentre alcuni stati membri (Francia e Irlanda) hanno espresso chiare critiche. È difficile infatti trovare un accordo commerciale più pericoloso per l’ambiente, il clima e i diritti umani di quello con il Mercosur. Le politiche antidemocratiche e del presidente brasiliano Jair Bolsonaro stanno colpendo tutti i cittadini, ma in particolare le minoranze e le comunità indigene. Inoltre, la sua vicinanza alle lobby della carne e della soia alimentano gli incendi nella foresta Amazzonica, che sta perdendo la sua capacità di mitigare il cambiamento climatico.
Noi crediamo che questa volta non debba vincere la voglia di fare affari o la paura di mettersi contro le grandi imprese multinazionali. Crediamo che l’Italia e l’Unione europea non debbano macchiarsi di complicità nella devastazione ambientale e nel massacro dei difensori della terra e dei diritti. Per questo chiediamo che il nostro Parlamento richiami il Governo a schierarsi immediatamente contro il trattato UE-Mercosur e a allinearsi agli altri membri Ue che ne chiedono la sospensione e la completa revisione.
Amazzonia, serve un segnale: stop all’accordo UE-Mercosur

Il 17 giugno scorso oltre 300 organizzazioni e reti internazionali, tra cui la campagna Stop TTIP Italia, hanno chiesto lo stop al negoziato tra Unione Europea e i paesi del Mercosur (Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay). Oggi il richiamo alla politica arriva anche dai giovani di Fridays For Future.
Tra le motivazioni c’è un chiaro riferimento al possibile impatto sui diritti delle comunità indigene e sull’Amazzonia, minacciate dagli interessi dell’agribusiness per la coltivazione estensiva di soia, di zucchero e per l’allevamento bovino.
Secondo il Ministero dell’Economia brasiliano l’accordo UE-Mercosur aumenterebbe il PIL del Brasile di oltre 87 miliardi di dollari in 15 anni, arrivando a 125 miliardi se si considera la riduzione delle barriere non tariffarie (quindi standard e regolamentazioni) e la crescita della produttività dovuta ad alcuni fattori specifici. Tra questi l’aumento delle quote di importazione europee e la riduzione delle tariffe per alcuni settori – carne e materie prime agricole in particolare – che hanno bisogno di terreno disponibile e libero dagli alberi.
L’aumento dei roghi in Amazzonia in questi primi sei mesi dell’anno, (ad oggi sono oltre 75 mila, il doppio di quelli registrati nello stesso periodo del 2018), ha portato alla distruzione di oltre 225 mila ettari di foresta, oltre il doppio dell’anno precedente. Soltanto nel maggio del 2019, in 31 giorni, sono stati persi 739 km quadrati di foresta, corrispondente a due campi di calcio al minuto. Tutto terreno che si libera per l’allevamento, con la potente lobby agricola del Brasile felicissima alla prospettiva di aumento delle esportazioni agroalimentari di carne e soia in UE e in Cina (quest’ultima infatti cerca di diversificare le sue enormi importazioni di soia, evitando l’acquisto dagli USA con cui ha ingaggiato una guerra commerciale). Una lobby che sente di poter agire nella piena impunità, dal momento che il presidente Bolsonaro l’ha favorita con una progressiva rimozione di regolamentazioni ambientali in Brasile.
Nonostante la Commissione Europea si ostini a sostenere l’accordo, definendolo come uno strumento che rinforza l’Accordo di Parigi sul clima, Paesi come l’Irlanda e la Francia hanno promesso di bloccarne l’approvazione. Ad oggi, però, dalle stanze di Bruxelles ciò che filtra è solamente un potenziale bando all’importazione di carne brasiliana, questione che forse verrà affrontata alla prossima riunione della Commissione Commercio del Parlamento Europeo (INTA Committee) ai primi di settembre.
Ma al di là delle posizioni dettate dall’emergenza, è la sostanza del trattato a essere inaccettabile: il capitolo su commercio e sviluppo sostenibile, notevolmente più ampio di quelli previsti in accordi simili con altri Paesi, prevede chiari riferimenti alle convenzioni ambientali come l’Accordo di Parigi sul clima, la Convenzione sulla biodiversità (CBD), i testi sulla tutela forestale o sulle specie animali, ma non prevede nessun meccanismo sanzionatorio in caso non venissero rispettati gli accordi, anzi lo esclude in modo esplicito. Il trattato, approvato dalle parti, è entrato nel processo di legal scrubbing, la correzione di bozze che lo porterà nella sua versione ultima alla nuova Commissione Europea e al Consiglio Europeo per la approvazione definitiva. Solo dopo toccherà al Parlamento Europeo e ai Parlamenti nazionali votare la ratifica finale.
Alle parole, adesso, devono arrivare i fatti: le centinaia di migliaia di ettari di foresta non saranno facilmente recuperabili in breve tempo, ma per evitare un danno ancora peggiore bisogna bloccare il processo di approvazione dell’accordo. Occorre una presa di posizione chiara e definitiva sull’insostenibilità di un trattato che già nel testo dà priorità alle questioni commerciali rispetto alla tutela ambientale e dei diritti delle persone.
Un voto contrario al Parlamento Europeo, un veto al Consiglio e un’opposizione nei Parlamenti nazionali sono la risposta più efficace, al di fuori della retorica del momento e per dare voce a una vera agenda alternativa e sostenibile sul commercio internazionale.