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Calenda ribadisce no a ratifica parlamentare del CETA. Stop TTIP: “Inaccettabile”

Ceta

Durante l’audizione alla Camera dei Deputati, il ministro allo Sviluppo economico ha nuovamente sostenuto la necessità che il CETA, l’accordo con il Canada gemello del TTIP, rimanga un affare tutto europeo. Per la Campagna Stop TTIP è una posizione inaccettabile

COMUNICATO STAMPA – Migliaia di email e di tweet hanno accompagnato l’audizione parlamentare del Ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda, andata in scena oggi pomeriggio alla Camera, sulla posizione del Governo italiano su CETA e TTIP, i due trattati commerciali negoziati dalla Commissione Europea rispettivamente con Canada e Stati Uniti.
Il CETA, considerato un precedente del TTIP sia come obiettivi che come profilo, è stato concluso nel settembre 2014 ed è ormai sulla via della ratifica parlamentare. Con una netta inversione di rotta, l’Italia ha scelto di sostenere la posizione della Commissione Europea che vorrebbe escludere i Parlamenti dalla ratifica finale, limitando il processo di approvazione al solo Parlamento Europeo.
Secondo il Ministro Calenda, “per i vantaggi che porterà, il CETA dovrebbe essere concluso nel più breve tempo possibile”, senza che gli Stati membri possano intervenire con un voto a livello nazionale. Posizione non condivisa dalla Campagna Stop TTIP Italia, che ha denunciato le potenziali ricadute negative di una simile deriva. La stessa presidente della Camera, Laura Boldrini, ha accolto e rilanciato la nostra richiesta di ratifica nazionale aprendo una vertenza con il Governo a seguito delle email di appello ricevute dai cittadini.

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TTIP: più morti sulle strade se le auto americane arrivano in Europa

TTIP più morti sulle strade se le auto americane arrivano in Europa

«I nostri standard possono differire in qualche dettaglio, ma quelli che stiamo cercando di armonizzare sono sostanzialmente equivalenti». Queste affermazioni sono uscite dalla bocca di Gloria Bergquist, portavoce dell’Alliance of Automobile Manifacturers (AAM), il 18 dicembre 2013. Servivano a lanciare una ricerca internazionale che confermasse la sostanziale equivalenza degli standard di sicurezza dei veicoli progettati sulle due sponde dell’Atlantico.

Alla lobby dell’automotive serviva una risposta positiva, che motivasse le enormi pressioni sulle autorità di regolamentazione per giungere al più presto ad un mutuo riconoscimento degli standard all’interno del negoziato TTIP. Eradicato ogni ostacolo, i costruttori avrebbero risparmiato centinaia di milioni di dollari che oggi impiegano per adattare le vetture ai parametri richiesti in Europa per i crash test.

L’AAM – che rappresenta i principali colossi dell’automotive, tra cui Chrysler, Toyota e Volkswagen – ha chiesto l’aiuto dei due migliori centri di ricerca al mondo nel settore: il Transportation Research Institute dell’Università del Michigan e il SAFER Vehicle and Traffic Safety Centre della Chalmers University of Technology di Göteborg. Sono stati coinvolti anche esperti francesi del Centre Européen d’Etudes de Sécurité e del Transport Research Laboratory britannico.

La ricerca si è conclusa nel 2015, ma i risultati non sono mai stati presentati. Forse perché raccontavano una realtà completamente diversa rispetto a quella su cui scommettevano le imprese. Invece di certificare l’equivalenza fra le due normative di sicurezza, rilevano differenze sostanziali e, se diffusi, potrebbero ostacolare il tentativi di armonizzazione che il TTIP intende realizzare nel settore automotive.

La ricerca ha stabilito che le automobili americane sono molto meno sicure in caso di incidenti gravi. In particolare, gli esperti hanno scoperto che i passeggeri di un’auto costruita in Ue sono il 33% più sicuri in casi di scontro frontale.

András Bálint, dell’Università di Göteborg, uno degli autori della ricerca, ha dichiarato all’Independent: «I risultati del nostro studio indicano che vi è attualmente una differenza rispetto al rischio di lesioni in un incidente tra auto europee e modelli americani. Pertanto, sulla base di questi risultati, il riconoscimento immediato dei veicoli americani in Europa potrebbe potenzialmente provocare un maggior numero di incidenti mortali o con feriti gravi».

Secondo il Consiglio europeo per la sicurezza dei trasporti (ETSC) – organizzazione che svolge attività di consulenza per la Commissione e il Parlamento europeo – questi dati sono la prova che gli standard di sicurezza dei veicoli non possono essere inclusi nel TTIP in questa fase.

Nessuno dei colossi dell’industria ha commentato i risultati, che sono pubblicati solo sul sito web dell’Università di Michigan.

Per il vice ministro allo Sviluppo economico (e alfiere del TTIP in Italia), Carlo Calenda, quello automobilistico è un comparto chiave da armonizzare: stando a quanto ha detto alla Reuters lo scorso 16 luglio, c’è già una «convergenza su sei o sette settori che sono fondamentali, dall’automotive alla chimica, e una serie di aperture di mercato mirate, che vanno dal buy America all’indicazione geografica, almeno in una prima bozza di accordo».

Sapendo che un mutuo riconoscimento degli standard potrebbe aumentare il numero dei morti sulle strade, ripeterebbe le sue affermazioni?

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